Opere realizzate per la mostra IL SENSO DELLE PAROLE presso il museo DaV di Soresina (CR), curata da Francesco Mutti.
Dal testo del curatore:
Due i lavori presentati dalla poliedrica artista trentina:
“Le Parole possono essere l’Arma più crudele”, installazione video sul potere traumatico che da sempre la parola esercita con forza sull’essere umano. La riflessione parte da un’indagine precisa e ben definita della realtà quotidianamente sociale, intendendo con questo sia una dimensione privata e, per certi versi, intima; sia una dimensione di più ampio respiro nella quale si esplicitano chiaramente certe dinamiche che la nostra società accetta e promuove, dietro un labile paravento di condanna.
Annalisa si concentra dunque sulla violenza intrinseca di certe frasi pronunciate senza coscienza o effettiva intenzione o, come più spesso accade, con quella superficialità lessicale figlia dei nostri tempi. Frasi che, con spaventosa efficacia, marchiano a fuoco l’individuo a cui sono destinate, incrinano i rapporti, feriscono nel profondo o, in casi estremi, ingenerano un processo di progressiva auto-distruzione indotta dall’isolamento psicologico incalzante.
Una pressa che scende. Un continuo mutare degli eventi – che poi è sintomo stesso della nostra attualità. Il dubbio, la sospensione scenica. Il tempo e quella sensazione di angosciante consapevolezza. La parola, distaccata oltre misura. Il silenzio. Infine l’uomo che, spettatore e protagonista, diviene vittima e carnefice in un eterno gioco delle parti a cui, purtroppo, è innaturale sottrarsi.
“Le Parole fanno Male”, installazione scultorea interattiva che vuole attrarre il pubblico alla contaminazione emotiva e fisica, indagando il potere ferale che la parola rivendica sulla vita di ciascuno di noi. Per l’artista, che sia stata una questione di tempo o interesse, situazione, inesperienza o cruda verità, l’incontro con il mutare repentino degli eventi si riduce a quell’unico vocabolo in grado di riassumere le nostre incertezze, frantumare il terreno sotto i nostri piedi. Dunque: o cadere per poi rialzarsi; oppure cadere e fallire miseramente.
Dodici sagome-bersaglio antropomorfe di differente età e struttura, sesso e razza, del tutto simili a quelle utilizzate comunemente nei poligoni di tiro, ciascuna con le proprie particolari peculiarità. Un’unica freccia conficcata al cuore. Un colpo mortale a cui si chiede di aggiungere peso.
Francesco Mutti
curatore mostra
Dal testo del curatore:
Due i lavori presentati dalla poliedrica artista trentina:
“Le Parole possono essere l’Arma più crudele”, installazione video sul potere traumatico che da sempre la parola esercita con forza sull’essere umano. La riflessione parte da un’indagine precisa e ben definita della realtà quotidianamente sociale, intendendo con questo sia una dimensione privata e, per certi versi, intima; sia una dimensione di più ampio respiro nella quale si esplicitano chiaramente certe dinamiche che la nostra società accetta e promuove, dietro un labile paravento di condanna.
Annalisa si concentra dunque sulla violenza intrinseca di certe frasi pronunciate senza coscienza o effettiva intenzione o, come più spesso accade, con quella superficialità lessicale figlia dei nostri tempi. Frasi che, con spaventosa efficacia, marchiano a fuoco l’individuo a cui sono destinate, incrinano i rapporti, feriscono nel profondo o, in casi estremi, ingenerano un processo di progressiva auto-distruzione indotta dall’isolamento psicologico incalzante.
Una pressa che scende. Un continuo mutare degli eventi – che poi è sintomo stesso della nostra attualità. Il dubbio, la sospensione scenica. Il tempo e quella sensazione di angosciante consapevolezza. La parola, distaccata oltre misura. Il silenzio. Infine l’uomo che, spettatore e protagonista, diviene vittima e carnefice in un eterno gioco delle parti a cui, purtroppo, è innaturale sottrarsi.
“Le Parole fanno Male”, installazione scultorea interattiva che vuole attrarre il pubblico alla contaminazione emotiva e fisica, indagando il potere ferale che la parola rivendica sulla vita di ciascuno di noi. Per l’artista, che sia stata una questione di tempo o interesse, situazione, inesperienza o cruda verità, l’incontro con il mutare repentino degli eventi si riduce a quell’unico vocabolo in grado di riassumere le nostre incertezze, frantumare il terreno sotto i nostri piedi. Dunque: o cadere per poi rialzarsi; oppure cadere e fallire miseramente.
Dodici sagome-bersaglio antropomorfe di differente età e struttura, sesso e razza, del tutto simili a quelle utilizzate comunemente nei poligoni di tiro, ciascuna con le proprie particolari peculiarità. Un’unica freccia conficcata al cuore. Un colpo mortale a cui si chiede di aggiungere peso.
Francesco Mutti
curatore mostra